Cos’è l’ossido di etilene, perché è nel cibo e perché è pericoloso

Nell’ultimo periodo sentiamo sempre più spesso parlare dell’ossido di etilene; molte aziende stanno ritirando dal mercato alcuni loro prodotti. Perchè tutto questo? Cosa accade? Ma sopratutto di cosa si tratta?

L’ossido di etilene è un gas che serve a disinfettare e sterilizzare, usato in passato nell’industria alimentare: in Europa è vietato, ma in altri Paesi no. Che è il motivo per cui ce lo ritroviamo in burger vegetali, sughi pronti, yogurt e gelati

Tre pagine del sito del ministero della Salute con dentro una trentina di prodotti, fra burger, cotolette, latte, panna e creme varie, quasi tutti a base vegetale, quasi tutti alternativi al cibo di derivazione animale, tutti richiamati dal mercato italiano.

È successo alla fine di luglio, e in tutti i casi è successo per il medesimo motivo, per quello che il ministero indica come “rischio chimico”, cioè per la presenza di ossido di etilene in uno o più ingredienti del prodotto. È successo alla fine di luglio ed è importante capire soprattutto una cosa: questi cibi sono stati richiamati dagli stessi produttori, che dopo analisi condotte volontariamente hanno rilevato anomalie e deciso di avvisare i clienti affinché non li comprassero o li riportassero al punto vendita dopo averli comprati. Ma perché l’hanno fatto? Perché l’ossido di etilene è pericoloso? Soprattutto: che cos’è e perché finisce in quello che mangiamo?

Ossido di etilene, una storia lunga decenni

Senza entrare eccessivamente nei dettagli, l’ossido di etilene è un gas: ha capacità disinfettanti disinfestanti contro batteri, funghi e virus e da tempo viene impiegato negli ospedali per sterilizzare materiali e dispositivi medici e chirurgici. Che c’entra il cibo? C’entra perché, per le stesse ragioni, viene usato per la decontaminazione dei silos e dei magazzini dove sono conservati gli alimenti prima di entrare nel ciclo produttivo: succedeva in Europa, dove però non succede più (meglio: non dovrebbe succedere più); succede ancora all’estero, dove le normative sono spesso meno stringenti delle nostre (su Cucchiaio.it lo abbiamo già visto parlando delle coltivazioni di avocado). E quindi? E quindi in Europa il suo uso è regolato per legge, perché questa sostanza è inserita fra quelle ritenute cancerogene e tossiche.

L’argomento non è nuovo, ma è tornato di attualità più o meno un anno fa (e poi appunto ancora quest’estate), quando dal Belgio sono arrivate segnalazioni di alti livelli di ossido di etilene in alcuni lotti di semi di sesamo importati dall’India, dove questo gas viene ancora ampiamente utilizzato a scopi alimentari. Da allora, solamente in Italia sono stati richiamati/ritirati dal mercato oltre 200 prodotti perché contenevano ossido di etilene oltre i limiti consentiti dalle legge (0,05 mg/kg per i semi di sesamo, tutti i valori sono nel lunghissimo e dettagliatissimo Regolamento Ue 396/2005).

Dove è più facile trovare l’ossido di etilene e come difendersi

È un problema piuttosto grande, insomma, ma non è oggettivamente semplice capire come evitare i cibi che contengono tracce di questa sostanza, o che comunque ne contengono tracce a livelli considerati pericolosi. È talmente difficile che in uno dei casi più recenti, relativo a un ingrediente in arrivo dalla Turchia usato per gelati poi prodotti in Spagna, l’Unione europea ha stabilito che “non essendo possibile definire un livello di esposizione sicuro per i consumatori” e che “qualsiasi livello cui i consumatori possono essere esposti presenta un rischio potenziale”, è “necessario che gli operatori del settore alimentare che hanno immesso questi prodotti sul mercato li ritirino o li richiamino”. Capito? Non solo l’ossido di etilene è dannoso se ingerito, ma anche lo è a livelli di cui ancora non abbiamo piena consapevolezza. Dunque, meglio evitarlo del tutto.

Va bene, ma come si fa? Iniziamo dalla raccomandazione dell’Europa che abbiamo appena riportato, relativa all’additivo E410, “notoriamente contaminato con ossido di etilene”: si riferisce alla farina di semi di carrube, che ha abitualmente un contenuto di ossido di etilene superiore al limite massimo ed è spesso usata come addensante e stabilizzante in gelati confezionati, confetture, insaccati e dolcificanti. Spesso e insieme con la gomma di guar (il codice qui è E412), ritenuta “a elevato rischio di contaminazione”. Per questo, moltissimi prodotti contenenti questi additivi sono stati ritirati o richiamati, in Italia come anche in Francia, Spagna, Belgio e molti altri Paesi europei.

Compilare una lista degli alimenti a rischio è impossibile: come detto, ci sono i semi di sesamo, i gelati (anche di marche famosissime), tantissimi alimenti a base vegetale (anche di catene della grande distribuzione), ma pure tanti yogurt, sughi e piatti pronti, zenzero, peperoncino e altre spezie e prodotti senza glutine e integratori che contengono materie prime che arrivano non solo dall’India, ma anche da Turchia, Cina, Paraguay e Argentina. Dobbiamo stare molto attenti alle etichette di questi prodotti, alle sigle che riportano (come E410 ed E412), magari anche cercandole online per capire a che cosa fanno riferimento; inoltre, in attesa che l’Europa inasprisca ulteriormente le norme che regolano l’uso dell’ossido di etilene, consultare con regolarità il sito del ministero della Salute. Che non è proprio una cosa facilissima, alla faccia delle norme sulla trasparenza: dalla homepage di salute.gov.it si deve prima raggiungere la pagina sugli Avvisi di sicurezza e poi quella sulla Sicurezza alimentare che invece di essere un punto di arrivo è un altro punto di partenza: da lì è necessario sfogliare giorno per giorno e voce per voce per trovare quella che interessa, cliccare e consultare il pdf che spiega che cos’è successo e perché quel singolo prodotto è stato richiamato.

Complicazioni a parte, in questa faccenda salta subito all’occhio un dettaglio, un aspetto che i prodotti richiamati hanno in comune: sono praticamente tutti cibo industriale. Sono tutti cibo ultratrasformato e quando parlammo dei pericoli di questi alimenti, che vengono lavorati, lavorati e lavorati talmente tanto da diventare tutt’altro rispetto agli ingredienti da cui erano partiti, parlavamo (anche) di questo.

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